SI FA PRESTO A DIRE “METTIAMO I FIUMI IN SICUREZZA”: OLTRE AI SOLDI OCCORRE SAPERE COME FARE. L’ESPERIENZA DEGLI ULTIMI ANNI CI DICE DI RIPENSARE UNA MODA DILAGANTE (TRADOTTA IN NORME SCIAGURATE) CHE NON TIENE CONTO DELLA DIVERSITÀ E DELLA FUNZIONALITÀ DEI CORSI D’ACQUA E SOPRATTUTTO DEI RISULTATI DI QUESTO TIPO DI INTERVENTI DI ARTIFICIALIZZAZIONE SU LUNGHI TRATTI. I FIUMI DELLE MARCHE SONO NELLE MANI DI POLITICI IMPREPARATI E MAL CONSIGLIATI, CHE SPENDONO IN MODO POCO RESPONSABILE IMPORTANTI QUOTE DI DENARO PUBBLICO CON IL RISULTATO DI RENDERE LE SPONDE DEI FIUMI ANCORA PIÙ POVERE DI VEGETAZIONE E PIÙ FRAGILI.
Credere che il semplice ammucchiare cumuli di terra o di ghiaia sulla sponda di un fiume sia un sistema sufficiente per metterlo in sicurezza è un’idea di tale ingenuità che farebbe tenerezza, se si trattasse di un gioco di ragazzi sulla spiaggia.
Purtroppo si tratta di un sistema applicato in modo sempre più diffuso negli ultimi anni, attraverso una graduale semplificazione delle modalità di manutenzione, importate senza tanti scrupoli dalle tecniche utilizzate per la pulizia dei canali artificiali.
Il fiume non è un canale artificiale, la cui sezione è stata calcolata per trasportare una quantità costante di acqua, ma si tratta di un sistema vivente, un insieme di habitat naturali che si differenziano in relazione alla velocità e alla qualità e quantità delle acque, che nella nostra regione hanno un ciclico andamento torrentizio delle portate, con periodi di magra durante le stagioni asciutte e periodi di piena in corrispondenza di piogge intense e/o prolungate.
Il grado di ignoranza e di arrogante superficialità con cui viene affrontato il problema a livello politico e tecnico da parte dei responsabili regionali e provinciali è veramente disarmante. Il dibattito sui recenti interventi, in parte realizzati e parte minacciati, sul Misa è solo un esempio significativo di operazioni che ormai siamo abituati a vedere realizzate sempre più spesso (in gran parte del tutto gratuite) lungo i nostri fiumi (che la Provincia di Ancona non sia come quella di Genova lo sanno bene tutti i cittadini anconetani, che da sei anni vedono i margini stradali della loro provincia distrutti sistematicamente proprio dall’ente pubblico che dovrebbe gestirli come un bene comune!). Il dossier allegato, che ho raccolto per tentare di risvegliare l’attenzione e la riflessione degli addetti ai lavori e dei cittadini tutti, spiega solo in parte i motivi di tali amare considerazioni e intende riportare alla memoria cosa è avvenuto negli ultimi tempi.
I finanziamenti stanziati dal governo nazionale, e integrati con fondi regionali (http://www.marchenotizie.info/3329/accordo-con-ministero-ambiente-13-milioni-contro-dissesto-idrogeologico-nelle-marche), sono solo una piccola parte delle significative cifre che sono state spese negli ultimi anni per la manutenzione dei fiumi. Seppure regione e province piangano miseria, non si può dire che siano mancati i soldi, ma occorre riflettere e fare attenzione a come vengono spesi. Anche prendendo per buoni gli interventi di ripulitura meccanica del greto (ma non lo sono nel modo più assoluto, anche se vengono proposti come la panacea di ogni male), un approccio serio al problema avrebbe fatto pensare a dedicare parte di quei finanziamenti alla costruzione di un sistema informativo sulla situazione dei danni e degli interventi (realizzati e da fare), di un quadro delle diverse possibilità tecniche di intervento, di un tavolo di discussione tra esperti sui più efficaci sistemi di monitoraggio, sulla comprensione del ruolo delle diverse componenti del sistema idrico di bacino nella determinazione dei danni lungo l’asta principale, tanto per fare degli esempi. Ma a nessuno è venuto in mente:
– di creare un organo scientifico e tecnico trasversale agli assessorati (ambiente, agricoltura, infrastrutture, ecc.), integrato con tecnici di diversa estrazione, che fosse in grado di analizzare e proporre modalità di studio, di monitoraggio e di sperimentazione degni di una società civile;
– di allestire un sistema di registrazione dei danni che si osservano e, spesso, si ripetono lungo i diversi tratti dei fiumi;
– di sviluppare un programma di studio per conoscere la biodiversità, la struttura, il dinamismo e la funzionalità dei nostri corsi d’acqua (diversi l’uno dall’altro e assai diversificati lungo la stessa asta fluviale);
– di sperimentare varie modalità di intervento, a seconda delle caratteristiche del fiume, sulla base della presenza di elementi artificiali (ponti, briglie, traverse, salti, canalizzazioni, ecc.) e/o di habitat di elevata naturalità lungo i tratti interessati;
– di correlare le problematiche del corso principale con quelle del loro intero bacino idrografico, che ormai presenta una rete idrica che ha quasi completamente perso la sua funzionalità (a causa delle superfici rese impermeabili dall’urbanizzazione e per la ormai estesa e capillare cancellazione della rete idrografica minore da parte dell’agricoltura intensiva) e riversa rapidamente le acque meteoriche, cariche di sedimenti e di potere erosivo, sugli adduttori principali, creando situazioni di rischio e danni veri e propri sempre più estesi e diffusi.
Se si tenesse conto della correlazione: interventi di rettificazione e rimaneggiamento artificiale su ampi tratti degli alvei fluviali, con il conseguente aumento della frequenza dei danni e della loro intensità nei tratti di fiume interessati dalla “cura della ruspa” (leggasi “sistema di valorizzazione del materiale litoide” http://www.marchenotizie.info/635/dissesto-idrogeologico-summit-in-regione-marche) ci si renderebbe conto del madornale errore che si sta commettendo e che si sta per ripetere colpevolmente.
INVITO CHI CONDIVIDE QUESTE PREOCCUPAZIONI A FARSI PARTE ATTIVA PER UN DIBATTITO COSTRUTTIVO.
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Prof. Fabio Taffetani
Ordinario di Botanica sistematica
Direttore Orto botanico “Selva di Gallignano”
Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
Via Brecce bianche
Università Politecnica delle Marche
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