La tradizione popolare e religiosa vuole che la notte tra il 09 e il 10 dicembre del 1294, la Santa Casa di Nazareth, dove la Madonna nacque, visse e ricevette l’Annuncio dall’angelo Gabriele, venisse trasportata dagli angeli in territorio marchigiano. Questa data fu fissata per iscritto la prima volta da Girolamo Angelita nel 1531 circa, il quale si basò probabilmente su una precisa tradizione orale del luogo. La storia narra di due cappuccini: Fra Tommaso da Ancona e di Padre Bonifazio d’Ascoli che resero solenne la ricorrenza della Venuta agli inizi del 1600.
Negli anni 50’-60’ del 900 vi era una sorta di gara tra le varie zone cittadine per fare il focarello più grande e che potesse durare di più. Registravano un diverso afflusso di persone a seconda dei luoghi dove venivano accesi.
Nelle campagne l’impegno veniva preso in particolare da famiglie singole o riunite in gruppi che li accendevano nell’aia o in altri spazi adeguati. L’orario dell’accensione era all’incirca alle 18:30, di solito verso la fine del focarello alcuni signori più anziani iniziavano a sparare dei mortaletti come segno dell’esultanza popolare.
Il cuore del Falò era costituito dal momento di preghiera. Si intonavano le preghiere mariane: il rosario e le litanie. In diversi paese, come Montottone è rimasta ancora questa tradizione, i bambini del catechismo si ritrovano insieme ad accendere un grande fuoco, intonano canti religiosi e recitano le preghiere.
Nelle contrade i vicini preparano il fuoco insieme, l’accensione dei falò rappresenta un momento di condivisione e unione dove la gente che si ritrova viene purificata e illuminata durante la notte e lungo il cammino della vita.